Il ventesimo 17 maggio e la pari dignità sociale delle persone LGBTQI+ in Italia

di Angelo Schillaci

Dal 2004, dunque esattamente da vent’anni, il 17 maggio è la Giornata internazionale dedicata al contrasto dell’omolesbobitransfobia. Una data importante, che cade nell’anniversario del giorno in cui – nel 1990 – l’Organizzazione mondiale della Sanità ha depatologizzato l’omosessualità.

Ogni anno, in occasione della Giornata, ILGA-Europe – organizzazione non governativa che organizza in rete più di 750 associazioni LGBTQI+ in 54 paesi dell’area europea – pubblica una “Rainbow Map”, che classifica 49 paesi europei (un’area coincidente con i paesi del Consiglio d’Europa) sulla base di una serie di parametri che riguardano principalmente lo stato della legislazione e delle politiche in materia di contrasto delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere e di inclusione delle persone LGBTQI+. Dal diritto di famiglia, alla presenza o meno di dispositivi giuridici per il contrasto delle discriminazioni e della violenza – comprese le cd. terapie di conversione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere – dallo stato degli strumenti di riconoscimento dei percorsi di affermazione dell’identità di genere fino alla presenza o meno di specifici mezzi di tutela per le persone LGBTQI+ richiedenti asilo, la Rainbow Map offre ogni anno un quadro molto attendibile dello stato di salute della cittadinanza LGBTIQI+ in Europa.

Negli ultimi anni, la posizione dell’Italia in questa classifica è sensibilmente peggiorata: rispetto all’anno scorso, si registra un ulteriore arretramento dal 34esimo al 36esimo posto (su 49). Un risultato che non solo non fa onore a uno Stato fondatore dell’Unione europea, ma che può e deve preoccupare. Peraltro, se dapprima il peggioramento era dovuto in parte anche al più rapido guadagno di posizioni da parte di altri Paesi – a fronte di un’Italia che rimaneva ferma – in questi ultimi anni non sono mancati significativi segnali di specifico arretramento del nostro Paese.

Per averne conferma non è necessario andare indietro fino all’autunno del 2021, quando il disegno di legge Zan per la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza omolesbobitransfobiche naufragò in Senato tra applausi dolorosamente eloquenti (e che fecero il giro del mondo): può bastare, infatti, uno sguardo alle cronache dell’ultimo anno e mezzo, e addirittura degli ultimi giorni, per rendersi conto che – nel nostro Paese – la pari dignità sociale delle persone LGBTQI+ è ancora ben lontana dal realizzarsi. Pari dignità sociale che – nella lettera e nello spirito della Costituzione – significa eguaglianza nel riconoscimento, rispetto delle differenze, garanzia di condizioni di vita degne. E significa diritti: personali, collettivi, civili e sociali insieme. In una parola, piena ed eguale cittadinanza.

Il 2023 si è consumato – su questi temi – nel segno del violento attacco alle famiglie arcobaleno: alle circolari del Ministro dell’Interno che vietavano ai Sindaci di procedere alle complete registrazioni anagrafiche delle bambine e dei bambini con genitori dello stesso sesso ha fatto seguito la scelta della Procura della Repubblica di Padova di impugnare più di trenta atti di nascita, in alcuni casi formati più di cinque anni prima, per ottenere la cancellazione da essi di una delle due madri.

Il 2024 trascorre, invece, nel segno dell’attacco – altrettanto violento – all’infanzia e all’adolescenza trans*: tra gli atti parlamentari di sindacato ispettivo e l’ispezione disposta dal Ministro della Salute sul Centro per il trattamento dell’incongruenza di genere nell’azienda ospedaliera Careggi di Firenze, la dignità e la salute delle giovani persone trans* è messa a rischio proprio lì dove più delicata e urgente è l’esigenza di assicurarne la protezione, al riparo da ogni strumentalizzazione ideologica. Di due giorni fa è, infine, la pubblicazione della composizione del Tavolo tecnico istituito dai Ministri Schillaci e Roccella per elaborare le nuove Linee guida per il trattamento della “disforia” di genere: un tavolo dal quale – a tacer d’altro – sono state escluse competenze ed esperienze delle persone trans*.

Allo stesso tempo, il Governo è del tutto immobile sulle necessarie politiche educative, culturali e di inclusione. Anzi, ogni tentativo di promuovere politiche educative rivolte all’eguaglianza è aspramente avversato nel segno della strumentalizzazione ideologica. Quando invece è di cultura e formazione – oltre che di leggi – che il nostro Paese ha un bisogno disperato, nelle aree urbane come in quelle interne, a Nord come a Sud.

Bastano queste poche battute per rendersi conto che la posizione dell’Italia nella Rainbow Map di Ilga Europe è, purtroppo, più che giustificata; e, d’altra parte, nel primo anno e mezzo di governo Meloni non sono mancate nemmeno preoccupate prese di posizione da parte del Parlamento europeo sullo stato di salute dei diritti LGBTQI+ in Italia.

Oggi è il 17 maggio, e tra meno di un mese si terranno le elezioni europee. Elezioni che vedranno fronteggiarsi – in misura ancora maggiore rispetto al passato – visioni radicalmente diverse del futuro dell’Europa, anche per quel che riguarda i diritti, le politiche per l’eguaglianza e, quindi, anche la dignità delle persone LGBTQI+. Il Manifesto per l’Europa del Partito democratico – e il programma del PSE – contengono un impegno forte per assicurare un avanzamento verso la piena eguaglianza morale, materiale (e familiare) delle persone LGBTQI+ in Europa.

Oggi, più ancora che in passato, il Partito democratico celebra il 17 maggio con una linea chiara e forte sui diritti delle persone e della comunità LGBTQI+, che deve guidare la nostra comunità in un percorso franco e coraggioso di crescita continua e non è né può essere messa in discussione dal pur legittimo pluralismo interno.

Fu d’altra parte un grande democratico – Giorgio Napolitano – il primo Presidente della Repubblica che scelse di celebrare la Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia con un messaggio ufficiale, avviando una prassi sempre rispettata e ormai consolidata. In questo solco devono continuare a muoversi, oggi, l’impegno – e anche la fatica – della comunità democratica.