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Ddl Sicurezza per reprimere e togliere la voce

di Emiliano Costagli

Con 162 voti favorevoli, 91 contrari e 3 astenuti, la Camera ha approvato in prima lettura il ddl 1660 (il cosiddetto “ddl Sicurezza”), recante «disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario». Il testo è stato approvato dopo l’introduzione di disposizioni normative che, attraverso nuove fattispecie di reato -più di venti- e circostanze aggravanti, aprono ad una chiara criminalizzazione del dissenso.

Tra le principali novità, viene prevista (art. 1) la reclusione fino a sei anni per chi «si procura o detiene» materiale utile alla preparazione o all’uso di armi al fine di compiere non meglio specificati atti di terrorismo. L’art. 8, poi, introduce il reato di «occupazione arbitraria di immobile destinata al domicilio altrui», che punisce non solo chi occupa gli immobili di proprietà d’altri (da 2 a 7 anni di carcere) e chi coopera con l’occupazione, ma anche per chi occupa le case pubbliche sfitte. Viene introdotta la possibilità di disporre, da parte del questore, un mini DASPO da determinate aree urbane anche per coloro che siano oggetto di denuncia o condanna non definitiva per reati contro la persona o il patrimonio e un DASPO giudiziario come condizione per la sospensione della pena in caso di condanna per i predetti reati. È previsto poi l’arresto, anche in flagranza differita, nel caso di lesioni contro pubblici ufficiali in servizio durante manifestazioni e vengono introdotte sanzioni nel caso di lesioni contro il personale sanitario in servizio.

L’art. 14, introduce sanzioni penali, non più amministrative, per il reato di blocco stradale o ferroviario, prevedendo la reclusione fino a un mese o una multa di 300 euro se il reato è commesso da una sola persona, da sei mesi a due anni di reclusione se il fatto è compiuto da due o più persone. Pensata dal legislatore per scoraggiare le manifestazioni dell’attivismo ambientalista di Ultima Generazione, in realtà la norma finisce per sferrare un duro colpo al diritto di tutti i cittadini di manifestare in maniera pacifica. Non solo. Il testo normativo prevede l’aumento delle pene per chi protesta in modo «minaccioso o violento» contro le grandi opere infrastrutturali.

Le norme di cui agli art. 15 e 16 poi sono state indicate da alcune associazioni per la tutela dei diritti civili come disposizioni aventi finalità discriminatorie (anti rom). La prima, infatti, rimuove l’obbligo di rinvio della pena per donne in stato di gravidanza, mentre la seconda aumenta le pene per chi organizza o induce all’accattonaggio.

In particolare è stato evidenziato come l’art. 15 ha un “evidente contenuto simbolico” in quanto pensato per la repressione di “un particolare gruppo sociale, connotato sul piano culturale, ossia le donne rom”.

È stata aumentata poi di un terzo, all’art. 19, la pena per reati di «violenza o minaccia a un pubblico ufficiale e di resistenza a un pubblico ufficiale», impedendo il bilanciamento in termini di prevalenza con eventuali circostanze attenuanti.

Gli artt. 26 e 27 prevedono la reclusione dai 2 agli 8 anni per chi, all’interno di un carcere o di un CPR, «promuove, organizza o dirige una rivolta», anche a solo titolo di resistenza passiva.

Sul punto giuristi e associazioni come Antigone hanno giustamente osservato che innanzitutto non si definisce bene cosa è la rivolta ma si punisce chi vi partecipa, seppur passivamente, né del resto appaiono determinate le condotte delittuose.

Dall’altro lato, il nuovo ddl autorizza gli agenti a portare con sé, anche fuori servizio e anche senza licenza, le armi di cui all’art. 42 del TULPS (Testo Unico sulla Pubblica Sicurezza), ovvero «rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia lunghezza inferiore a 65 cm»

Infine, tra le novità principali introdotte dal disegno di legge vi è il divieto di coltivare e vendere la cannabis light, proibendo il commercio, la lavorazione e l’esportazione di foglie, infiorescenze e di tutti i prodotti che contengono sostanze derivate dalla pianta di canapa.

La misura, così come è stata pensata , andrà a colpire tutta la filiera di produzione della canapa industriale, mettendo dunque a repentaglio migliaia di posti di lavoro.

Due le osservazioni conclusive sul ddl sicurezza, attualmente al vaglio del Senato.

La prima è che il provvedimento risponde ad una logica “panpenalistica” da sempre insita nell’azione di politica della destra.

E cioè la norma penale non come extrema ratio ma come senso -appunto ratio- per risolvere qualsiasi fenomeno di tipo sociale invece di mettere in campo politiche sociali, economiche e culturali che vadano ad incidere sulle questioni di maggior rilevanza (sanità, lavoro, scuola, migrazioni, sovraffollamento carcerario) che, se non affrontate sono causa di proteste, contestazioni e manifestazioni.

La seconda è l’evidente volontà di reprimere e togliere la voce. È questo l’ordine del Governo Meloni. Reprimere, aumentando le pene e con nuovi reati, ogni forma di dissenso, di conflitto pacifico, di libera espressione del pensiero negli spazi pubblici. Reprimere i lavoratori e le lavoratrici, gli studenti e le studentesse, i giovani e le giovani, i liberi cittadini e cittadine, gli immigrati nei cpr e i detenuti che vivono in carcere una condizione disumana a causa del sovraffollamento. E quindi togliere la voce a chi la alza per i diritti dei più deboli.