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GPA, la destra pianta bandiere ideologiche invece di tutelare i diritti delle bambini e dei bambini

di Cecilia D’Elia

Ci sono temi su cui più di altri sarebbe bene non urlare, confrontarsi in un dibattito mite, rispettoso delle diverse posizioni, attenti più di altre volte alle vite concrete delle persone coinvolte.

Parlarsi e non fronteggiarsi, soprattutto quando si legifera su come si viene al mondo, sull’inizio della vita. Siamo tutti nati da donne, come il femminismo ci insegna, ma diverse possibilità sono aperte riguardo al modo in cui questo oggi è possibile per tecniche o pratiche. Invece nell’impianto della destra prevale un biologismo esasperato che rende mute le relazioni che portano alla vita.  

Lo stesso vale per il fine vita, così difficile da affrontare, come è noto, nonostante i richiami della Corte. 

Il dibattito sulle disposizioni in materia di maternità surrogata, cosiddetto ddl Varchi, è stato invece tutto urlato. Si vuole piantare una bandierina ideologica che chiude ogni possibile discussione e rimanda a mai la vera priorità su cui pure la Corte costituzionale ha richiamato il legislatore: i diritti delle bambine e dei bambini delle coppie omogenitoriali. 

Il disegno di legge è invece e davvero l’ennesima arma di distrazione di massa della maggioranza per non parlare dei problemi di questo Paese, del bilancio che ci aspetta, delle difficoltà delle famiglie e dei ritardi che stanno mettendo a rischio l’attuazione del PNRR. 

Il tema della gestazione per altri è complesso e suscita dubbi e dibattito. Esistono opinioni diverse anche all’interno del Pd, anche se sul ddl Varchi la contrarietà è condivisa. 

Si parla, in realtà, non di GPA; la vera questione su cui siamo stati chiamati a votare è il limite fino a cui può spingersi il diritto penale in una democrazia. 

Per questa destra non ne ha. Non so più quanti reati ha prodotto da quando governa. 

In questo caso siamo al panpenalismo universale: aggettivo ambizioso per un qualcosa fin troppo umano, come le norme penali. Francamente avrei sperato in qualche sussulto laico e liberale da parti di pezzi della maggioranza. 

Siamo di fronte a una scelta ideologica, strumentale, giuridicamente inconsistente e gravemente incostituzionale. Il diritto penale può mortificare e stigmatizzare scelte procreative che nel Paese in cui sono realizzate sono legittime. Dovremmo riflettere su quest’uso ideologico e simbolico, su quanto sia pericoloso per la democrazia e su dove ci condurrà questo precedente, perché davvero si rischia di aprire per la prima volta un precedente, per cui qualunque condotta potrà essere annoverata tra quelle punibili all’estero in nome di questa forza simbolica del divieto. 

Questa dimensione sovranazionale serve a segnalare la condanna senza appelli della “pratica criminale” e di chi vi ricorre. In particolare, la stigmatizzazione dei figli di una pratica illegittima. 

Abbiamo già visto all’opera questo intento perché il fantasma della GPA, pur essendo usata soprattutto da coppie eterosessuali, si aggira ogni volta che parliamo della possibilità di riconoscere i diritti delle bambine e dei bambini delle coppie omogenitoriali. È successo quando si è parlato del regolamento sulla filiazione europea, che ha ricevuto il parere dalla maggioranza il parere contrario in Commissione Affari Europei del Senato. 

Ci sono state le circolari contro i Comuni che stavano riconoscendo i figli delle coppie omogenitoriali. Si tratta di un passo indietro, un muro alzato nei confronti di famiglie che tali sono all’estero e che qui non verrebbero riconosciute. 

Si ritorna, come giustamente ha sottolineato la sociologa Chiara Saraceno alla discriminazione sulla base del modo di venire al mondo, come succedeva con i figli illegittimi. 

Sono stato anch’io una bambina molti anni fa, figlia di genitori separati prima che esistesse la legge sul divorzio e ricordo lo stigma. Frequentavo le elementari e ricordo la crociata contro il divorzio quando ci fu il referendum, cosa ha significato quel dibattito pubblico che prepotentemente entrava e giudicava quanto avessi di più caro: mia madre, mio padre, me stessa e mia sorella. 

A me questo pare un punto dirimente. Non si può parlare di persone e di bambini come merce. A tutti i bambini vanno riconosciuti stato giuridico, genitori e diritti civili. Quello sulla loro origine è un interrogativo irricevibile, se diventa ostativo al riconoscimento dei diritti fondamentali.

È questo l’unico effetto vero che avrà questa norma ed è questa la priorità che noi, come legislatori, avremmo dovuto affrontare. Ci sono bambini reali, relazioni, bambini diventati grandi, che questo dibattito lo ascoltano, lo vedono. Invece, questa maggioranza chiude e mette all’ordine del giorno il cosiddetto divieto universale. 

È una scelta iper-sovranista, anche ridicola di fronte a quello che avviene in tanti Stati vicini a noi, anche quelli che non hanno riconosciuto la GPA, ma fanno politiche di riconoscimento e di tutela delle persone nate con la GPA. Questo provvedimento espone famiglie italiane al diritto penale, a processi e a sanzioni. Sarà anche complicato fare questi processi, perché non ci sarà collaborazione da parte di quegli Stati dove, chiaramente, questa pratica non è un reato. Sarà, soprattutto, una fonte di angoscia di queste famiglie e di questi bambini: non parliamo, poi, in caso di condanna dei loro genitori. 

Questo è il rispetto che la destra al governo dimostra verso le vite e le esperienze che non rientrano nel modello di famiglia e genitorialità ritenuto per essa l’unico possibile: la spada del diritto penale, l’angoscia dell’esposizione alle procure. 

Ciò non riguarda solo le persone LGBTQ, ma riguarda tutti noi, riguarda l’idea di democrazia che abbiamo, l’idea di diritto che abbiamo. Riguarda la civiltà che vogliamo costruire. 

E sarebbe bene non usare la difesa della dignità delle donne per giustificare questa scelta. Contrastare lo sfruttamento del corpo femminile è questione serissima. 

Bisognerebbe ragionarne seriamente, senza anatemi. 

Chi lo chiama utero in affitto davvero riduce le donne a un corpo muto, come faceva Aristotele: le donne sono come un uomo sterile; il maschio apporta la forma e le donne sono solo contenitore, corpo e materia. Se avessimo avuto lo spazio politico per una discussione vera, e non la crociata della destra, penso che avremmo dovuto ragionare, affrontando le differenze che esistono anche a sinistra e nel femminismo, sul fatto che la maternità surrogata quando è sfruttamento, è una condotta grave. Se, però, da ciò ne discende un divieto assoluto, che arriva a criminalizzare anche la consapevole e libera scelta della gravidanza in solidarietà, mettendone in dubbio persino la possibilità, si arriva a mettere in discussione la possibilità dell’autodeterminazione sessuale e riproduttiva delle donne. È un tema aperto, complicato e difficile, su cui ci sono opinioni diverse, ma è di questo che si deve discutere, se si vuole davvero fare i conti con la libertà delle donne. Ma questa discussione non era all’ordine del giorno, non si può aprire. Il ddl varchi è solo un’ideologia, conficcata nella vita delle persone.