Cecilia D’Elia: “Il Pd da solo non basta, il centrosinistra è un cantiere”

di Cecilia D’Elia, intervista pubblicata oggi 1 novembre su L’Unità

«La sconfitta in Liguria brucia, anche perché è mancato poco. Il Pd si consolida, ma sappiamo di non bastare da soli. Penso sia stata premiata proprio la caparbia con cui lavoriamo alla costruzione di un’alleanza»

Cecilia D’Elia, senatrice, della Direzione nazionale del Partito democratico “Litigi come zavorre”. È l’amaro commento a caldo di Andrea Orlando racchiude la sconfitta del centrosinistra in Liguria?
La sconfitta in Liguria brucia, anche perché è mancato poco. Va ringraziata la generosità di Andrea Orlando. Non era una campagna elettorale semplice e una partita già vinta. Le elezioni non lo sono mai, soprattutto in un tempo in cui il dato più rilevante è quello del grande astensionismo. Dato che allarma, soprattutto chi interpreta una proposta di cambiamento. Il sistema di potere della destra ligure tiene nonostante l’inchiesta giudiziaria e la perdita di consensi di Fratelli d’Italia. L’ottimo risultato del Pd, che migliora il dato delle europee e sale di nove punti rispetto alle regionali, dice chiaramente che viene premiata una linea unitaria e una proposta politica chiara. Anche questo non era un dato scontato dopo la sconfitta politica del 2022, il Pd si consolida, ma sappiamo di non bastare da soli. Penso sia stata premiata proprio la caparbietà con cui lavoriamo alla costruzione di un’alleanza. Diciamo che l’esplosione di conflitti in piena campagna elettorale non ha giovato alla credibilità della proposta. Serve una coalizione per sconfiggere il centrodestra, e questa si costruisce attorno a un progetto di Paese, a percorsi condivisi tra gli alleati.
Adesso bisogna soprattutto lavorare per sostenere i nostri candidati in Umbria e in Emilia-Romagna e fare insieme l’opposizione alla manovra.

Nella sconfitta, il PD vola ma non basta. “Opposizione unite, basta farsi la guerra”, è l’appello di Elly Schlein. Siamo alle solite: la malattia del centrosinistra è il “tafazzismo”?
Il centrosinistra è un cantiere. Non mi attarderei a discutere di perimetri di un campo – comunque lo si voglia definire, – quando il problema è guardare fuori, a chi non vota e guardare al futuro, liberandoci dalla trappola delle biografie personali. Il centrodestra, pur nella diversità e nelle divisioni, nei cambiamenti che ci sono stati di equilibri interni tra le forze della coalizione, è un’alleanza che ha trent’anni di storia comune. Un’alleanza oggi fortemente ancorata a destra, con una proposta politica regressiva, fondata sulla paura e sulla chiusura identitaria. Parliamo di un vento che soffia non solo in Italia, frutto delle disuguaglianze e dei prezzi della globalizzazione, del bisogno di sicurezza dei ceti popolari che viene interpretato e declinato in una proposta autoritaria e conservatrice. Dio, patria e famiglia, mentre sul piano sociale rende tutti più fragili e precari. Basti vedere le scelte di questa finanziaria. Il centrosinistra ha bisogno di una sua agenda del cambiamento e della speranza. La segretaria Elly Schlein ha indicato cinque priorità: sanità pubblica, scuola pubblica, lavoro dignitoso, politiche industriali, diritti sociali e civili. Alludono anche a una visione etico politica, a un’idea di società democratica, plurale, aperta e inclusiva. Vanno declinati in proposte concrete, lo stiamo già facendo, insieme. Il cantiere è questo, a partire dal referendum contro l’autonomia differenziata, il cui successo è la condizione per far valere queste cinque priorità. Se si condivide la lettura di cosa è questa destra al governo, bisogna essere conseguenti sul piano della costruzione di una proposta alternativa, aperta alle persone, al mondo associativo, alle forze sociali. In questo percorso c’è lo spazio per le diverse forze di esprimere la loro capacità di rappresentanza politica di istanze e culture diverse. E soprattutto c’è la possibilità, con un lavoro attento e di grande ascolto, di riconquistare al voto quell’elettorato che non ci crede più.

La destra esulta. Ma è vera gloria?
Uno scarto di pochi voti in un contesto di grande astensionismo, una perdita di undici punti rispetto alle europee del partito della presidente del consiglio; non parlerei di gloria. Certo il centrodestra tiene. Ma come ho detto la sfida è aperta, nelle regionali di questo mese, nell’opposizione alla manovra. Evitando quelle contrapposizioni tra opposizioni che, come ha detto la segretaria, producono un rumore che allontana le persone interessate ad un’alternativa alla destra.

Legge di bilancio, autonomia differenziata, pace, migranti… Su cosa dare battaglia in Parlamento e nel Paese?
Legge di bilancio, autonomia differenziata, pace, migranti, autonomia e libertà delle donne, diritti dei giovani. Siamo già impegnati. Questa finanziaria di tagli colpirà servizi essenziali. Parliamo di sanità, non adeguatamente finanziata, come abbiamo più volte denunciato, ma anche di un taglio degli organici della scuola, seimila insegnanti, più di duemila tecnici amministrativi, una scelta che impoverisce le scuole e taglia di netto persone e competenze. C’è la presa in giro sulle pensioni, l’aumento delle minime si concretizza in 3 euro al mese. Altrettanto grave è la scelta sulle università. Ancora un taglio del fondo di finanziamento, il blocco del turn over, la controriforma del ddl Bernini sulla ricerca. E nulla di significativo per le donne, ancora bonus una tantum, mentre nel suo rendiconto sociale Inps ci ha detto che gli uomini guadagnano il 28% in più delle donne. Il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro lontano dai livelli europei. C’è il tradimento dell’obiettivo sui nidi, in grande ritardo avevamo l’obiettivo del 33% di copertura. Ma nel Piano strutturale di bilancio di medio termine mandato all’UE il 33% diventa obiettivo nazionale, mentre a livello regionale può essere del 15%. Una scelta che fotografa e congela le disuguaglianze territoriali e penalizzerebbe fortemente il sud. Del resto, questa è la linea dell’autonomia differenziata. Tutto questo in un quadro di restringimento delle garanzie e dei diritti, in Senato siamo impegnato nell’opposizione del ddl sicurezza.

Il 4 novembre l’America va al voto. Terrore-Trump?
Preoccupazione. La vittoria di Trump sarebbe un ulteriore fattore di destabilizzazione di un mondo che ha bisogno di pace e di democrazia. Di fronte a quello che sta avvenendo in Medio Oriente non possiamo stare a guardare. Trump lo abbiamo già visto all’opera, divisivo e contro le libertà delle donne. Ho speranza nel voto delle donne, che possa fare la differenza.