di Stefania Gasparini
La cronaca di questi giorni si e’ soffermata sula scarsa riuscita di quella che avrebbe dovuto essere una delle maggiori novità in ambito scolastico del Governo Meloni: il liceo del ‘Made in Italy’.
Sullo scarso appeal che l’istituzione di un corso dedicato a formare gli studenti alla valorizzazione delle eccellenze italiane hanno pesato l’incertezza dei programmi scolastici e la nebulosità degli obiettivi.
Il liceo del ‘made in italy’ da elemento cardine del pacchetto di proposte tanto sbandierato dal l’omonimo ministero , si e’ quindi trasformato nell’ennesima operazione di facciata di questo governo, i cui componenti si definiscono patrioti ma che in realtà non riescono a mettere in campo un vero piano di sviluppo e promozione del nostro paese.
Per andare oltre i semplici proclami del patriottismo e costruire un progetto reale infatti ci si dimentica che un ruolo fondamentale non può che essere esercitato dai territori, dalle persone che li abitano: cittadini, istituzioni, associazionismo, sindacati, associazioni datoriali. Dalle peculiarità della nostra economia, principalmente formata da piccole e medie imprese, e del nostro turismo, che si fonda si sulle grandi città d’arte, sulla bellezza delle nostre coste e delle nostre montagne ma anche da mille luoghi pieni di storia e potenzialità attrattive.
Dire made in Italy e’ molto facile, ma ció che manca è la costruzione di un senso che stia dietro a quelle tre parole che rischiano di essere un contenitore vuoto.
I contenuti con cui riempiere di valore il marchio Italia non può che partire dal icambio di paradigma per cui la valorizzazione avviene dal basso verso l’alto, attraverso il sostegno e la costruzione di ecosistemi territoriali che abbiamo come obiettivo quello di creare reti che sviluppino a 360 gradi l’economia, il turismo, l’artigianato, la produzione, il saper fare delle nostre comunità.
Come mettere in pratica tutto ciò? Prendendo spunto e ampliando le varie sfumature di pensiero sulle ‘città creative’ sviluppatesi negli anni 2000.
Le reti da sviluppare infatti, dovrebbero partire dalle peculiarità di ogni territorio, in particolare modo quelli di provincia e delle aree interne, dove meno si concentrano le risorse e i riflettori mediatici. L’obiettivo deve essere quello di tenere insieme formazione, sviluppo economico, lavoro e potenzialità turistiche in una progettualità globale per lo sviluppo del singolo territorio.
Riprendendo il tema della formazione: che senso ha lo sviluppo di un liceo del made in Italy quando la maggior parte delle imprese, soprattutto piccole e medie, che compongono l’ossatura dei principali settori che portano in alto la nostra bandiera produttiva e dei sindacati lamentano la difficoltà nel reperire persone con la giusta formazione, che sia artigianale, professionale o universitaria? E questo e’ trasversale a tutti i principali settori pilastro del sistema Italia: moda, agricoltura, arredamento, meccanica.
Ma non solo, si pensi al turismo, altro esempio di come ridurre tutto al patriottismo ha smascherato la fuffa di questo governo col caso del portale ‘italia.it“
Il turismo dei territori deve svilupparsi a partire dalle potenzialità attrattive che possono andare oltre la fortuna di un bel paesaggio ma concentrasi anche sulla storia, sull’economia, che sia industriale, agricola o enogastronomica, sullo sviluppo creativo.
Dentro la parola ‘turismo’ infatti oggi si declinano mille opportunità , una per ogni tipo di interesse di un singolo che lo porta a viaggiare e scoprire. Su queste possibilità andrebbe visto e declinato uno sviluppo turistico che vada oltre le grandi mete e sappia portare valore aggiunto anche alle piccole comunità.
Ma per fare tutto questo serve innanzitutto una visione d’insieme del nostro paese che vada oltre i mille proclami giornalieri, specialità di questo Governo, gli interessi di pochi e sappia guardare ai molti.
Serve un quadro normativo ed economico che parta dalle esigenze dei territori, mettendo al centro le Amministrazioni Locali, ma che sia accompagnato da una visione di sviluppo che sappia andare al di là del contingente.
Servono finanziamenti ma serve soprattuto una visione, un insieme che tenga unito il locale col globale, le persone coi territori, l’economia con il sociale.
Una ricerca di senso che sappia accompagnare il sistema Italia verso il futuro e che non si limiti semplicemente a subirlo.
Ma tutto questo non si può fare col patriottismo ridotto a macchietta come invece fa questo governo con i suoi ministri.