di Cecilia D’Elia Riviello
La tanto attesa direttiva europea sulla violenza rischia di essere un’occasione persa, o peggio un passo indietro.
È questa la preoccupazione di tante associazioni dei centri antiviolenza, dei sindacati. È la denuncia fatta da Pina Picierno, nostra parlamentare europea, relatrice italiana della direttiva sulla violenza contro le donne, che a questo testo lavora da mesi.
C’era una grande aspettativa, soprattutto dopo la discussione fatta dal Parlamento europeo, per una direttiva in grado di rendere l’Unione uno spazio in cui la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne siano obiettivi condivisi, ispirati dai principi della Convenzione di Istanbul.
Obiettivo possibile facendo diventare la violenza contro le donne uno dei reati di competenza della Ue, con una sua normativa.
È una questione di primaria importanza, come dimostra la dura realtà della violenza in tutti gli stati. Un tema su cui chiediamo il massimo impegno dei soggetti coinvolti nel processo di decisione, a cominciare dal nostro governo. Perché è proprio al livello dei governi che il testo si è inceppato.
L’eliminazione della definizione di stupro come rapporto sessuale senza consenso dalla bozza di Direttiva dipende infatti dalla posizione assunta da alcuni governi nel Consiglio europeo, del quale è necessario l’accordo, i quali hanno sostenuto che l’Ue non avrebbe competenza legislativa in questa materia.
È una lettura restrittiva dell’art. 83 del Trattato. Quest’ultima norma comprende, tra i reati di competenza dell’Unione, lo sfruttamento sessuale. Come ci ha spiegato la magistrata Maria Grazia Giammarinaro su Domani : “La tendenza degli organi europei è verso un allargamento della nozione di sfruttamento, che non è più inteso solo come vantaggio ingiusto (di carattere economico o di altro genere) derivante da una prestazione altrui, sessuale o lavorativa o di altro tipo, ma finisce col comprendere qualunque uso strumentale di un’altra persona, realizzato allo scopo di perseguire una finalità propria di chi commette la strumentalizzazione, ed estranea alla volontà della vittima.”
Dunque, si può e si deve insistere sulla competenza dell’UE, se si vuole assumere davvero come una priorità politica il contrasto alla violenza, affrontando le resistenze culturali che ci sono.
Di fatto la direttiva rischia di essere fortemente depotenziata. Vengono a cadere la definizione del reato di stupro basato sul consenso e la definizione del reato di molestie sessuali.
Il tema del consenso è rilevante e diventerebbe una bussola per tanti Stati, compreso il nostro, che ancora non hanno una legislazione esplicitamente fondata su di esso. Con la conseguenza che la donna spesso deve provare, in tanti tribunali, di avere davvero resistito alla violenza subita.
Lo stralcio è un passo indietro rispetto alla Convenzione di Istanbul. Ma dalla direttiva cadono altre cose fondamentali, come sappiamo dall’esperienza dell’applicazione in Italia delle norme, anche delle migliori: la necessità di linee guida per la formazione obbligatoria dei pubblici ministeri e dei giudici. Avere operatrici e operatori formati e specializzati garantisce la sensibilità necessaria nei procedimenti giudiziari ad evitare la vittimizzazione secondaria.
È quello che abbiamo chiesto anche qui da noi, quando abbiamo approvato le nuove misure cautelari. A questo abbiamo dedicato parte dei fondi degli emendamenti unitari delle opposizioni al bilancio. Per il nostro Paese, ma non solo per esso, la direttiva sarebbe un passo indietro senza il riferimento alla formazione.
Vogliamo una direttiva che dia forza alla Convenzione di Istanbul, entrata in vigore per L’Unione europea il primo ottobre, dopo un lungo processo, ostacolato da Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia.
Una direttiva che affronti anche i temi più spinosi.
Chiediamo al Governo italiano di impegnarsi e schierarsi chiaramente in questa direzione.
Lo facciamo insieme alla tante realtà che lavorano contro la violenza, anche attraverso la petizione lanciata da Differenza donna.
Ci serve più di un titolo, ci serve una direttiva che faccia fare all’Europa e a noi tutti un passo avanti contro la violenza di genere.