di Simone Agutoli – UDU
Nell’ambito del PNRR, l’Italia si era prefissata l’ambizioso obiettivo di creare e assegnare 7.500 nuovi posti letto per studenti universitari entro il 2022, per poi raggiungere il target numerico di 60.000 posti letto entro giugno 2026. Nonostante le buone intenzioni iniziali, la redazione del testo definitivo del piano ha spostato il focus dal diritto allo studio all’investimento privato. Come se non bastasse, la gestione da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca è stata disastrosa, escludendo le parti scoiali, accumulando ritardi e gonfiando i numeri.
Inizialmente, il Ministero ha pubblicato un bando con tempistiche lunghissime, sostenendo che fosse sufficiente aggiudicare i posti letto prima della scadenza; ma la Commissione Europea non era d’accordo. La situazione si è ulteriormente complicata con la pubblicazione di due avvisi che permettevano di rendicontare e conteggiare posti letto preesistenti. Una mossa che giustamente non ha trovato l’accordo della Commissione.
L’Unione degli Universitari e la CGIL sono intervenute per denunciare questa pratica, inviando una lettera alla Commissione Europea. Ma la denuncia non è piaciuta alla Presidente Meloni, che ci ha accusato ripetutamente di agire contro gli interessi nazionali. Alla Camera, la Presidente del Consiglio ha difeso l’operato del governo, nonostante le evidenti criticità da noi sollevate.
Di fronte a questa situazione, abbiamo presentato un esposto alla Corte dei conti per danno erariale, evidenziando come il governo abbia dovuto stanziare 261 milioni di euro tramite decreto-legge per rimediare alle inefficienze ministeriali. Tristemente, la maggior parte di queste risorse è stata indirizzata verso il settore privato, imponendo un vincolo di destinazione e una quota minima del 20% di posti letto per il diritto allo studio. Tuttavia, dopo aver beneficiato di ingenti finanziamenti pubblici e agevolazioni fiscali, i privati hanno proposto affitti elevati agli enti regionali per il diritto allo studio, chiedendo fino a 380€ al mese per camera.
Ora, con 1.298 milioni di euro disponibili dopo la rimodulazione del piano, il governo sembra intenzionato a perseguire una strategia simile, privilegiando ancora il coinvolgimento dei privati. Ciò include condizioni quali un vincolo di destinazione d’uso, un modesto sconto del 15% sul prezzo di mercato delle camere e l’introduzione di un supercommissario con poteri derogatori della legge ordinaria. In aggiunta, le convenzioni onerose da stipulare con gli enti regionali non vedono alcuna copertura economica, nonostante possano arrivare a costare il 75% del prezzo di mercato.
Riteniamo che questa gestione del programma di alloggi universitari finanziati dal PNRR non servirà per tutelare il diritto allo studio ma favorirà semplicemente operazioni speculative. È fondamentale rivedere questi meccanismi per garantire che l’investimento pubblico serva realmente agli interessi degli studenti e dell’istruzione superiore in Italia.