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Quattro considerazioni e mezza sulle elezioni in Sassonia e Turingia

di Andrea Burzacchini

Domenica 1 settembre si è rinnovato il Landtag, il parlamento regionale nei due Stati federali di Thüringen (Turingia) e Sachsen (Sassonia), due importanti Länder della ex-DDR. Per diverse ragioni le elezioni sono state seguite con molto interesse, anche fuori dai confini nazionali. I risultati, ormai noti, hanno mostrato un successo del partito di estrema destra AfD, una sostanziale tenuta della CDU, una sonora sconfitta dei tre partiti al governo nazionale, SPD, Grünen e FDP, nonché un vero e proprio tracollo della Linke (soprattutto in Sachsen) in favore del successo del partito ”personale” di Sahra Wagenknecht (BSW – Alleanza Sahra Wagenknecht), che dalla Linke è uscita alcuni mesi fa.

A una settimana dal voto e dal mio osservatorio di Friburgo, non lontanissimo da Turingia e Sassonia provo a tracciare non certo un’analisi del voto, ma alcune considerazioni; per la precisione, quattro considerazioni e mezza.

  1. Occhio a commentare a vanvera!

Già a urne ancora calde, le elezioni sono state commentate in Italia da politici, commentatori, giornalisti, “esperti”, blogger vari. Tranne alcune lodevoli eccezioni, è parsa evidente la volontà di commentare secondo la propria agenda politica; non pochi, ad esempio, hanno addossato la sconfitta della sinistra di governo a supposte scelte “moderate” in politica interna, “atlantiste” in politica estera. C’è chi è riuscito perfino a tirare in ballo l’austerità di Schäuble durante la crisi greca (sic!), tema senz’altro di enorme attualità a Görlitz o a Rudolstadt! (Attenzione: la frase è ironica).

Eppure chi si è voluto lanciare in analisi approfondite, avrebbe potuto quantomeno studiarsi le accuratissime analisi delle intenzioni di voto pubblicate da ARD; un’enorme quantità di infografiche (si veda quella in apertura di articolo) illustra in modo estremamente dettagliato la composizione sociale degli elettori dei singoli partiti (età, genere, classe sociale, residenza, eccetera) le migrazioni elettorali (da quale a quale partito), le ragioni del voto, e molto, moltissimo altro. Credo che avervi gettato un’occhiata – i traduttori automatici funzionano perfettamente – prima di dire la propria idea, avrebbe messo al riparo da qualche strafalcione più di un commentatore

  1. La sconfitta dei partiti di governo

Che i partiti di governo abbiano perso è indubbio. La SPD continua a rimpicciolirsi (da 7,8 a 7,4 in Sachsen e da 8,2 a 6,1 in Thüringen), i Verdi si salvano per il rotto della cuffia in uno dei due parlamenti (Sachsen da 8,6 a 5,1 e Thüringen da 5,2 a 3,2), scompaiono completamente i liberali della FDP (intorno all’1%!).

Attenzione: in questo caso è difficile parlare di una situazione specifica di queste elezioni. I tre partiti di governo avevano perso assieme alle Europee di giugno, nonché alle elezioni regionali del 2023, in Assia, Baviera e Berlino. Credo sia indubbio leggere in questi risultati le (grandi) difficoltà del Governo Scholz a portare avanti i propri progetti e a comunicare i propri (rari) successi. In Germania è diventato quasi un mantra incolpare il governo di qualsiasi problema; la frase “Die Ampel ist schuld” (“è colpa della coalizione semaforo”, il nome dato dal colore dei tre partiti) è ormai il titolo di running gags, podcast, e perfino spettacoli teatrali.
Non è certo nostro compito la difesa del Governo Scholz, ma è necessario ricordare una cosa che fuori dalla Germania è incredibilmente poco conosciuta: in tempi di vacche magrissime (covid + crisi energetica dovuta all’invasione dell’Ucraina), il governo si trova a dover riparare all’enorme stagnazione dei sedici anni dei governi Merkel per quanto riguarda infrastrutture e digitalizzazione. Sembra quasi paradossale dover constatare che i successi di una cancelliera conservatrice come la Merkel siano stati soprattutto nei temi “progressisti” dei diritti sociali, civili ed ambientali, mentre i temi tradizionalmente “conservatori” (appunto infrastrutture, politiche industriali, esercito) siano stati trascurati; eppure è a queste falle che il governo attuale deve mettere riparo. Il fatto che quello attuale sia il primo governo tripartitico della storia tedesca non fa che aumentare la litigiosità e le cattive impressioni sull’elettorato.

Rimane un mistero, comunque, l’incapacità di SPD e Grüne, di saper comunicare i propri successi, alcuni non di poco conto e decisamente di sinistra, come l’aumento del salario minimo orario da 9 a 12 euro, o l’aumento dell’assegno familiare da 220 a 250 euro mensili per figlio.

  1. Chi è e cosa vuole Sahra Wagenknecht

Sulla eloquente ex-leader della Linke e fondatrice del primo partito personale tedesco se ne sono sentite di tutti i colori: rossobruna, xenofoba, putiniana per alcuni, faro della vera sinistra per altri. Credo che anche in questo caso sia bene rimanere ai dati di fatto.
Sahra Wagenknecht è uscita dalla Linke criticando le politiche del suo partito su i) la necessità della lotta al cambiamento climatico, ii) l’urgenza di difendere l’Ucraina iii) l’importanza dell’accoglienza a migranti e profughi, iv) la nettezza della scelta europeista e v) il sostegno alle politiche del Governo nella lotta al covid. Se alcuni degli aggettivi sopra-riportati possono essere eccessivi, è un fatto che la Wagenknecht abbia flirtato e flirti con i gruppi negazionisti (su covid e cambiamento climatico), e con forti antipatie verso l’Unione Europea estremamente diffusi soprattutto nella ex-DDR.

Non so se sia corretta la definizione di sinistra conservatrice data dall’ottimo Edoardo D’Alfonso Masarié sul blog Kater; di certo chi sostiene che la Wagenknecht sia uscita da sinistra dalla Linke dovrebbe spiegare come mai la CDU, che verso la Linke ha sempre tenuto da più rigida conventio ad excludendum, si dice invece da settimane pronta a trattare con Sahra Wagenknecht.

  1. Perché il successo enorme di AfD ad est?

Alcuni dicono? La povertà, la mancanza di successo, il sentirsi esclusi, eccetera. Mah: “ad ovest” ci sono altre aree con grandi difficoltà sociali ed economiche, in cui certo la AfD raggiunge risultati importanti, ma non arriva certo ai valoro delle città dell’ex Germania Est.

In Germania esiste un concetto di grande importanza: la Aufarbeitung der Vergangenheit, la cui traduzione (rielaborazione del passato) non restituisce appieno il valore; ci si riferisce cioè quel profondissimo e rigorosissimo esame del passato nazista, iniziato da decenni e tuttora in corso con accezioni sempre rinnovate, che ha portato il Paese ad avere una coscienza antifascista reale e salda e mai auto-assolutoria, che va molto oltre slogan, canzoni e ricorrenze (attenzione: sì, sono un po’ polemico con un certo antifascismo italiano, sorry).
Ecco, io sono d’accordo con quegli storici che sostengono che la mancanza di questa operazione nella ex-DDR (l’incredibile giustificazione: “ora siamo socialisti, quindi con il nazismo del passato non c’entriamo”) abbia privato la società di quegli anticorpi presenti ad ovest. Con questa realtà si tratta di fare i conti.

  1. Anzi: 4,5 – Che fare?

Boh!

Come spiegato all’inizio, questa non vuole essere un’analisi profonda, bensì la proposta di alcune considerazioni che mi pare abbiano avuto poco rilievo.
Credo sia difficilissimo ora, sia per la sinistra di governo (SPD e Grüne) che per quella di opposizione (Linke) decidere cosa fare.

Io mi auguro che non ci sia alcuna deriva verso soluzioni facili e populiste; quasi mai le soluzioni apparentemente facili sono quelle giuste.