Il profilo. Grazie a Curcio, immagine dell’Italia che opera senza apparire

per gentile concessione del giornalista Toni Mira

“Grazie”. È sicuramente quello che gran parte degli italiani vogliono dire a Fabrizio Curcio, capo del Dipartimento della Protezione civile, dal 2015 al 2017 e poi nuovamente dal 2021 a oggi, sostituito dal governo con Fabio Ciciliano, al quale ovviamente facciamo i migliori auguri per il difficile e complesso incarico. Un “grazie” per le qualità professionali dimostrate e per lo stile sobrio. Una prima linea presidiata senza clamori e riflettori. E non è scontato. In Italia le emergenze sono spesso occasione di protagonismi e di brillanti carriere. E di emergenze il Paese è stato, è e sarà sempre pieno. Moltissime gestite dall’ingegner Curcio. Ma mai da “prima donna”, sempre da primo operatore di migliaia di operatori. È l’interpretazione migliore di quel Sistema nazionale di Potezione civile inventato dal suo “papà” Giuseppe Zamberletti, apprezzato in tutto il mondo, fiore all’occhiello dell’Italia efficiente. Un Sistema che vede accanto i Corpi dello Stato, le Regioni, i Comuni, il mondo del volontariato. Un Sistema di sussidiarietà verticale e orizzontale che funziona, al Sud come al Nord. Non autonomia differenziata, la vera collaborazione nazionale. «Il nostro sistema è sussidiario, e quando succede qualche cosa c’è qualcun altro che ti dà una mano», aveva spiegato tre anni fa proprio Curcio, in una delle sue rare uscite pubbliche, tranne quelle per dovere di istituto. Lo stile dei Vigili del fuoco, tra i quali ha iniziato la carriera e coi quali ha lavorato poi come capo, perché sono loro il cuore avanzato del sistema. Lo stile di chi accorre per soccorrere e salvare, lo fa bene e in silenzio. Migliaia di protagonisti delle emergenze di cui non sappiamo mai i nomi. Ma tanto amati dagli italiani. Espressione di un Italia che opera senza apparire, che non si lamenta ma che fa. In un Paese naturalmente fragile: terremoti, vulcani, terreni franosi. Ma reso ancor più fragile da scelte politiche e amministrative sconsiderate o quantomeno distratte.

Ce lo aveva ribadito Curcio due anni fa in occasione del ventennale del crollo della scuola di San Giuliano. «Dei passi in avanti sono stati realizzati ma se si vanno a vedere i numeri delle scuole italiane, fanno ancora impressione. E se dopo venti anni dobbiamo ribadire questi concetti, vuol dire che li ribadiremo fino allo sfinimento. Non vogliamo attendere un nuovo dramma». Ma quando i drammi accadono, gli uomini e le donne della Protezione civile ci sono sempre. Rapidi, efficienti e silenziosi. Silenziosamente responsabili. «La comunicazione sull’incertezza non si fa cercando il capro espiatorio di turno, ma prendendo ognuno un pezzettino di responsabilità», disse Curcio in un’altra recente occasione. Così in uno dei suoi rarissimi sfoghi, ad alcuni sindaci, colpiti da un’alluvione, che si lamentavano sulla non chiarezza degli allarmi, rispose solo ricordando che erano loro la prima linea, i responsabili, del Sistema di protezione civile. Assumersi la responsabilità di soccorrere, non cercare di chi sia la responsabilità. Un Sistema che, lo ripetiamo e non solo noi, ha sempre funzionato bene. Non tutte le forze politiche la pensano così. L’attuale governo di centrodestra ha scelto di nominare un ministro per la Protezione civile. Non succedeva più dal 1994. Scelta ovviamente legittima, ma diversa dalla linea finora seguita. Una nuova linea più politica e accentrata, ministeriale, meno tecnica, diffusa e agile. Va in questo senso la scelta di “licenziare” Curcio, sicuramente espressione della linea tradizionale e ormai consolidata? Lo vedremo. Intanto noi ripetiamo all’ingegnere quel “grazie” che davvero merita.