di Mattia Ciappi
Il tema della sicurezza si è trasformato, negli ultimi decenni, in una delle principali armi retoriche della destra, che ha saputo costruire una narrazione capace di fare presa sull’immaginario collettivo. Tuttavia, questa narrazione spesso si fonda su un meccanismo di semplificazione brutale che divide il mondo in “noi” e “loro”, alimentando tensioni e costruendo una guerra tra gli ultimi. Immigrati contro disoccupati, poveri contro marginalizzati: un cortocircuito in cui chi soffre di più non trova una via d’uscita, mentre le élite politiche si arricchiscono di consenso. Eppure, le contraddizioni della destra sul tema sicurezza sono profonde e rivelatrici, offrendo alla sinistra, e in particolare al Partito Democratico, un’occasione di riscatto che non può più essere rimandata.
La destra propone una sicurezza di facciata, fatta di proclami e misure simboliche, come la retorica della “tolleranza zero” – a tal proposito è emblematico il recente calendario della polizia penitenziaria. Ma dietro queste apparenze si nasconde una politica miope, incapace di affrontare le radici profonde del problema: il degrado urbano, l’abbandono scolastico, la precarietà economica, la solitudine delle periferie. Piuttosto che fornire risposte strutturali, la destra punta a criminalizzare il disagio sociale, dimenticando che la sicurezza non è soltanto assenza di crimine, ma la capacità di vivere in comunità coese e supportate da istituzioni vicine ai bisogni dei cittadini.
Qui emerge una sfida cruciale per il PD: abbandonare l’atteggiamento spesso difensivo e timido sul tema della sicurezza. Per anni, la sinistra ha evitato di confrontarsi apertamente con questo argomento, temendo di essere associata a derive repressive o xenofobe. Tuttavia, questa scelta ha creato un vuoto politico e narrativo che la destra ha riempito con un racconto fallace ma efficace. È necessario, ora più che mai, ribaltare la prospettiva: riconoscere che la sicurezza è un bisogno universale e, soprattutto, una questione sociale.
Chi non arriva a fine mese, chi vive in quartieri degradati, chi non può permettersi sistemi di sicurezza privati o scuole di qualità per i propri figli è, paradossalmente, più esposto a fenomeni di microcriminalità e insicurezza rispetto a chi vive in una villa protetta da telecamere e cancelli. Per queste persone, il senso di vulnerabilità è spesso più percepito che reale, ma ciò non lo rende meno importante. Ignorare queste paure significa condannare milioni di cittadini a sentirsi abbandonati, perpetuando un senso di sfiducia verso le istituzioni e verso la sinistra stessa.
Il Partito Democratico deve denunciare senza mezzi termini le situazioni di degrado, di criminalità e di insicurezza che affliggono le città italiane, ma non può fermarsi a una sterile denuncia. Deve offrire una visione alternativa, una società in cui sicurezza significhi prima di tutto prevenzione, educazione, inclusione e solidarietà. È indispensabile puntare su politiche che riducano le disuguaglianze, che restituiscano dignità alle periferie, che investano in spazi pubblici sicuri e accessibili, che diano opportunità ai giovani e sostegno alle famiglie in difficoltà.
La sicurezza non deve essere terreno di scontro ideologico, ma uno spazio di confronto in cui la sinistra riaffermi i propri valori di giustizia sociale e uguaglianza. Solo così potrà dimostrare che la vera sicurezza non si costruisce con muri e manganelli, ma con politiche lungimiranti che proteggano chi è più vulnerabile e restituiscano alle persone il diritto a una vita dignitosa. La sfida è ardua, ma imprescindibile: perché il tema della sicurezza è reale nella vita quotidiana di molti. Ignorarlo significa abdicare alla propria missione politica. Affrontarlo con coraggio, invece, significa riscoprire il senso stesso di una sinistra che vuole cambiare il mondo, partendo dalle periferie dell’anima e delle città.